Metropolis-Scampia, Nicola Della Volpe Si Racconta
Sabato 16 novembre all’ARTGARAGE di Pozzuoli si è inaugurata la mostra fotografica METROPOLIS-SCAMPIA di Nicola Della Volpe. L’esposizione durerà fino al 27 novembre e potrà essere visitata dal lunedì al sabato dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 20.
Per l’occasione abbiamo intervistato l’autore.
Nicola questa sera s’inaugura la tua mostra METROPOLIS-SCAMPIA. In essa cosa hai voluto rappresentare?
Questa mostra è il secondo step di un percorso che dura da quasi tre anni. Ho iniziato a seguire le varie realtà sociali che ci sono a Scampia, dall’associazionismo al Comitato Vele che da quasi quarant’anni si batte affinché agli abitanti di quelle realtà vengano consegnate abitazioni diverse rispetto a quelle di cui fruiscono. Se uno vedesse all’interno lo stato di quelle case, capirebbe il perché della rabbia di chi ci abita!
A cosa è dovuta questa particolare attenzione a Scampia?
Io a Scampia c’ho vissuto per venti anni, eppure non mi ero mai avvicinato così tanto a questa realtà che conoscevo di sfuggita. Poi abbiamo iniziato un percorso fotografico con altri amici e in base alle conoscenze che ho acquisite in quel primo incontro, ho continuato da solo stringendo rapporti di amicizia con tante persone che vengono catalogate come “quelle delle vele”. Senza sapere che all’interno delle vele c’è tanta rabbia e disperazione.
Questa disperazione potrebbe attribuirsi al fatto che queste persone si sentono abbandonate dalle istituzioni?
Non solo. Se hai la fortuna di non limitarti a fotografare le vele dall’esterno dell’auto per poi andare via, senza cercare di capire cosa si nasconde al loro interno, ti rendi conto che ci sono delle situazioni che sono ingestibili. Mentre stavo scattando alcune delle foto in mostra qui stasera c’era stata la classica bomba d’acqua da cui era derivato un cortocircuito che alimentò l’incendio di un appartamento con dentro una mamma e i suoi tre figli, mentre il papà era al lavoro. Fu solo grazie al tempestivo intervento dei vigili del fuoco che si riuscì a scongiurare un’immane tragedia dovuta all’assoluta mancanza di manutenzione ad opera di chi ha in gestione le Vele!
Sei fotografo per professione o per passione?
Sono un fotoamatore, mi piace raccontare la quotidianità attraverso le immagini. Per un po’ di tempo mi ero allontanato dalla fotografia, poi mi ci sono riavvicinato. Nella vita sono dirigente di una pubblica amministrazione, lavoro presso l’Università Vanvitelli.
Questa è la tua prima personale?
Sì! in passato ho partecipato a delle collettive, l’ultima ad aprile di quest’anno al PAN nell’ambito di una mostra dal titolo ATTRAVERSAMENTI dove ho presentato il nucleo di base del progetto esposto qui all’ArtGarage. In passato ho avuto modo di esporre in collettive a Santa Maria La Nova e al MAN nell’ambito di un progetto legato all’inclusione. Questa è la prima volta che espongo da solo.
Come nasce il tuo approccio con la fotografia?
È nato con una Lubitel a pozzetto quando avevo tredici anni. Papà che lavorava all’Italsider la comprò e iniziai a giocarci. Quindi l’abbondonai per tanti anni, riprendendo una Yashica analogica che a sua volta poi lasciai per diverso tempo. È da sei/sette anni che ho ripreso a fotografare assiduamente.
Hai l’ambizioni di diventare fotografo professionista e dunque vivere di fotografia?
No! La fotografia è il mio buen retiro e tale dovrà rimanre per sempre!
Progetti per il futuro?
Completare questo progetto, un work in progress che si concluderà quando avverrà l’abbattimento di una delle vele che già sarebbe dovuto avvenire la scorsa estate, ma i lavori di preparazione non sono ancora iniziati. La mia speranza è di poterlo chiudere al più presto possibile in quanto l’abbattimento della vela più piccola, ribattezzata la torre, segnerà finalmente la fine di un epoca. Inoltre ho iniziato a lavorare a un progetto che ha come soggetto le edicole votive sparse nei quartieri di Napoli le quali hanno la caratteristica di includere il sacro con il profano: in alcune ritroviamo Maradona, Sofia Loren, Massimo Troisi, Pino Daniele, Totò… Tuttavia anche da queste edicole traspare un senso di abbandono: l’altro giorno ne ho fotografata una situata alle spalle di Porta San Gennaro con i lampadari rotti, sovrastata dallo stendino per riparare i panni dalla pioggia e nessuno se ne cura. Gli anziani che si prendevano cura delle edicole stanno scomparendo e con loro rischia di scomparire una tradizione tipicamente napoletana.
Quali sono i soggetti che ami fotografare?
Da quando ho ripreso a fotografare, mi sono innamorato del reportage! I fotografi che mi appassionano e ai quali faccio riferimento sono quelli che trattano questo tipo di argomento. Ad esempio il fotografo serbo Boogie che ritrae realtà disagiate, oppure il romano Paolo Pellegrin che è tra i più famosi fotografi al mondo.
Quali sono i maestri a cui fai riferimento?
Oltre quelli già citati, aggiungo Salgado, Maccurry e Raymond Depardon. Tutto ciò che è inerente al reportage!
Preferisci fotografare a colore o in bianco e nero?
C’è chi sostiene che la vera fotografia è in bianco e nero in quanto quel tipo di foto dà risalto al soggetto, non distraendo con la forza del colori. Le foto che espongo sono a colori, ma colori freddi che hanno un sapore di bianco e nero. Penso che in questo caso il colore possa essere messo da parte.
Vincenzo Giarritiello