Paolo Schiatti, Custode Delle Tradizioni
Intervista a Paolo Schiatti presidente della Brigata di Raggiolo la cui funzione è recuperare e salvaguardare le tradizioni di Raggiolo, perla del Casentino Toscano in provincia di Arezzo, arroccato a 600 mt sulle pendici del Pratomagno, inserito nella ristretta lista dei Borghi più Belli d’Italia.
Dottor Schiatti da quanto è presidente della Brigata di Raggiolo?
Da quattro anni
Quando nasce la Brigata?
Venticinque anni fa, da un’idea di un gruppo di amici. Quattro amici al bar, letteralmente. L’intenzione era quella di dar vita a qualcosa che valorizzasse Raggiolo, arrestando la perdita delle tradizioni che si poteva intraprendere.
Vi proponete tipo pro loco o il vostro compito principale è quello di serbare le tradizioni del luogo?
Assolutamente serbare le tradizioni del luogo! Tant’è vero che abbiamo deciso di non essere una pro loco e di non avere questa identificazione neanche nel nome.
Quando nasce Raggiolo?
La prima notizia storicamente accertata è del 967, prima del mille, in epoca ottoniana. Da un documento del regesto di Camaldoli risulta una donazione dell’imperatore Ottone a un cavaliere, Goffredo di Ildebrando, di alcuni territori tra cui “villa raggiola”.
Il termine raggiolo evoca alla mente il raggio di sole. E’ questa l’origine del nome?
No, è solo un’assonanza! L’analisi linguistica della cattedra di glottologia dell’università di Firenze conduce in un’altra direzione. La definizione raggiolo, per tutta una questione complessa di lemmi, indicherebbe “il luogo degli spini”, ossia un sito di non facile accesso all’interno del bosco.
La sala in cui ci troviamo si chiama “sala dei corsi” in riferimento agli abitanti della corsica. Qual è il legame tra Raggiolo e i corsi?
Dopo il 400 a Raggiolo si insediò una comunità di corsi che ripopolò l’antico castello che era andato completamente distrutto. I corsi sono gli antenati dei raggiolatti, una discendenza di cui qui a Raggiolo si va molto fieri e diversi vocaboli tipici di Raggiolo sono di origine corsa.
Per secoli l’economia di Raggiolo si è mantenuta grazie alla raccolta delle castagne e dei prodotti che vi si ricavavano. Voi ogni anno, tra fine ottobre e inizi di novembre, in piazza organizzate la festa della castagna…
La castagnatura, è un termine tecnico del casentino.
Questa tradizione inerente la castagna esiste tuttora, o sta scomparendo e voi vi proponete di recuperarla?
Esiste tuttora, ma in maniera minima rispetto al passato. Raggiolo è stata davvero la patria della castagna fino alla seconda guerra mondiale e nei primi anni del dopoguerra. I documenti ritrovati all’università attestano che fin dal duecento i conti Guidi, ai quali apparteneva Guido Novello signore di Raggiolo tra il 1301 e il 1322, avevano selezionato una castagna tuttora esistente derivante da un tipo di castagno detto raggiolano: la castagna raggiolana. Consideri che il castagno non è un albero autoctono, ma fu importato dall’Asia dai romani. La sua estensione territoriale a livello nazionale è dovuta al fatto che è un albero da frutto. Ma soprattutto è un albero del pane: dalla farina di castagne si ottiene la polenta di castagne che rispetto a quella di mais ha la caratteristica fondamentale di essere proteica. Per generazioni a Raggiolo si è vissuto grazie alla farina di castagne.
La vostra ambizione è salvaguardare la storia e le tradizioni di Raggiolo. Turisticamente il paese sta avendo un grosso boom, non a caso è stato inserito nella lista dei borghi più belli d’Italia, e questo è sicuramente anche merito vostro. Come Brigata quali altri obiettivi vi siete proposti per portare avanti questa crescita?
Il discorso sarebbe lungo. Volendo essere sintetici, credo che alla base vi sarebbe l’esigenza di creare un’unità territoriale tra tutti i comuni edificati sul massiccio del Pratomagno. Una montagna straordinaria, con una bellezza paesaggistica unica, sulla cui cima si estende un’immensa prateria che per secoli è stata, unitamente alla Maremma, luogo di pascolo per le greggi all’epoca della transumanza; divide il Casentino dal Val d’Arno ed è circondato nel suo percorso dall’Arno. Ecco, reputo che questa sia la prima cosa da farsi, dare unità a questo mondo che ha una sua omogeneità territoriale culturale e urbanistica.
Quindi, se non ho frainteso, tutto ciò richiederebbe non solo un impegno culturale ma anche politico!?
Sì, implica che i comuni collaborino insieme a un progetto territoriale che facesse emergere il Pratomagno in quanto tale. E dentro questo progetto fare in modo che le tradizioni dei singoli paesi venissero recuperate e salvaguardate.
Di raggiolatti in paese ve ne sono sempre meno, mentre vi è un aumento esponenziale di turisti. Alla lunga ciò non potrebbe far cadere nel dimenticatoio la storia e le tradizioni di Raggiolo?
Certo, il rischio è reale! Ed è proprio per evitare che avvenga che come brigata ci siamo posti l’ambizioso compito di recuperare e tenere vive le antiche tradizioni del luogo e organizzare escursioni in posti dove si possono ammirare le meraviglie della natura che ci circonda. È giusto che il paese si incrementi turisticamente, ne beneficia tutta l’economia locale. L’importante è che tutto ciò non oscuri le origini e le tradizioni di Raggiolo! Finché potrò, mi impegnerò con tutte le mie forze perché la radici storico-culturali del paese non cadano nel dimenticatoio. Ovviamente con la collaborazione dei volontari della brigata, donne e uomini straordinari senza i quali tutto quel che abbiamo finora fatto sarebbe stato impossibile.
Vincenzo Giarritiello