“La Ladra” un racconto di Clara Cecchi
E’ ora di uscire: un ultimo velo di cipria e un’ombra di rossetto, una ravviata ai capelli…E’ importante essere in ordine, soprattutto alla mia età. Non c’è niente di più triste di una vecchia signora sciatta e trasandata. Spengo la luce dello specchio sopra il lavandino e allaccio al collo il filo di perle: devo affrettarmi, non mi piace farmi aspettare.
Sono un po’ in ansia, ma gradevolmente eccitata perchè oggi andrò a trovare una famiglia che abita in periferia, una zona tranquilla, quasi un paesino, dove la gente ancora si conosce e si frequenta. Mi sono informata nel mio giro esplorativo: sono brave persone, educate…padre, madre, due figli piccoli e una nonna che vive con loro. Hanno ancora il culto del buon vicinato e sicuramente saranno molto ospitali.
Esco di casa con un modesto regalo, una piccola pianta di ciclamini color fucsia. I fiori mi danno allegria e a piccoli passi mi dirigo verso la fermata del bus. Non posso certo permettermi un taxi, ma attraversare la città in autobus non mi pesa, anzi è uno svago per me e nel frattempo pregusto la visita, mi preparo quello che dovrò dire, invento storie, aneddoti…insomma un vero passato.
So già come si svolgerà l’incontro, ormai ho una vasta esperienza: mi faranno entrare per niente sospettosi, cordiali e sorridenti mi mostreranno la loro casa perché possa immaginare meglio la mia prima di andarvi ad abitare… io ammirerò il loro arredamento, apprezzerò gli oggetti personali che parlano di loro e della loro famiglia, sorriderò ai loro figli lodando i loro disegni e i loro giochi, mi complimenterò sinceramente per i loro successi scolastici e lavorativi.
Assaporerò il loro tè caldo e amichevole, gusterò i loro pasticcini e le loro torte preparate con cura per il mio benessere, accarezzerò volentieri il loro cane, gatto o qualsiasi altro animale domestico, darò loro qualche breve, innocua notizia sulla mia vita facendo ben attenzione a tenermi sul vago, soprattutto li farò parlare e li ascolterò: berrò avidamente il calore vitale della loro casa e per qualche ora, da futura coinquilina, anch’io farò parte della loro intimità, forte del diritto di buon vicinato. Poi, appagata dalla loro presenza, mi accomiaterò come sempre, ringraziandoli per l’ ospitalità e ricambiando l’invito a dopo il mio futuro trasloco…saranno felici di conoscermi, lo so, e si aspetteranno di rincontrarmi presto: non possono immaginare che non mi rivedranno più.
Trascorse quelle poche ore insieme, io sparirò dalle loro vite e tornerò nell’anonimato di sempre. Quando scopriranno la verità quale sarà la loro reazione? Saranno dapprima stupiti, certamente dispiaciuti e seccati, forse anche spaventati per l’intrusione di un’estranea nella loro casa, magari si sentiranno truffati da quella che già consideravano una buona vicina, ma poi spero che capiranno e non avranno un’opinione troppo cattiva di me. Come tutti gli altri, ne sono sicura. Finora mai ho avuto noie: perchè avrei dovuto, del resto?
Non faccio niente di male, in fondo, anche fingendomi chi non sono: nei miei lunghi giri solitari vedo tante case vuote, sfitte, quasi in attesa e così m’informo nel quartiere. E’ facile, se ci sai fare la gente parla volentieri senza rendersene conto, soprattutto con un’innocua vecchietta: il panettiere, il lattaio, l’ortolano, il giornalaio…voglio essere sicura che ogni mia famiglia sia a posto, cortese, stimata, tranquilla, senza brutte sorprese, ma soprattutto voglio che abbia a cuore i rapporti umani, come una volta.
Ormai in questi anni mi sono costruita una rete di informazione molto utile al mio scopo, mi muovo con sicurezza fra la gente di questa grande città e altrettanto abilmente me ne allontano. Non voglio infastidire nessuno, né rischiare di essere rintracciata, perciò ogni volta cambio completamente zona, quartiere, periferia. Per fortuna di persone disponibili ce ne sono parecchie, ancora, ma io non ho più molto tempo davanti a me…lo sento, lo so.
Tempo…ormai non ricordo più da quanto sono sola, da quanto sono costretta, sotto identità che non mi appartengono, a cercare giorno dopo giorno quella breve, effimera ma indispensabile presenza umana di cui ho bisogno come l’aria per continuare a respirare.
Non posso farne a meno. Forse sono una pazza, ma certo non porto via niente introducendomi nelle loro case, né soldi, né gioielli, né oggetti di valore…solo un po’ del loro tempo e della loro intimità per sopravvivere alla solitudine.
Sì, sono una ladra, se così mi si vuol definire: rubo il calore della famiglia che non ho.
Clara Cecchi