Lo Zafferano Vesuviano di Clementina Iervolino
Il nome scientifico dello zafferano è “Crocus sativus”, dove “crocus” deriva dal greco “kroke” che significa “filamento”.
Ma il termine “crocus” si rifà anche alla leggenda di Croco e Smilace, la quale racconta che Smilace era una ninfa della quale si innamorò il giovane Croco, che era un mortale. Giove non vide di buon occhio questa relazione tra i due, perché non conveniva allo status di dea della ninfa, per cui fece ammazzare Croco, i cui resti mortali furono trasformati in un bellissimo fiore dai filamenti rossi. Trattasi dell’eterna narrazione, in chiave mitologica, del giovane povero ma bello, che si innamora della donna leggiadra e divina, contrariando i tutori di lei.
Secondo Omero, invece, i filamenti dei fiori di croco rappresentavano i fili che legano la vita con la morte.
Come si capisce, quindi, lo zafferano racchiude tutta una simbologia mitologica che lo rende prezioso anche dal punto di vista culturale e storico; tale angolatura ha sicuramente attratto l’interesse e la curiosità di Clementina Iervolino, l’imprenditrice agricola laureata in psicologia, titolare, insieme ai due figli, della Masseria Clementina di Ottaviano, che ha rilanciato la coltivazione di questa spezia alle falde e sui declivi del Vesuvio.
Lo zafferano predilige i terreni drenanti, ventilati e ben esposti al sole: caratteristiche che si ritrovano nei territori vesuviani, con l’aggiunta della ricca e densa mineralità che gli appezzamenti vulcanici apportano.
Ma la coltivazione dello zafferano nel circondario vesuviano non è una novità: a Pompei sono stati ritrovati dei graffiti che lo raffigurano, testimoniando che in epoca romana già si piantava nelle terre intorno al Vesuvio.
Clementina Iervolino ha quindi scavato nella storia antica locale, oltreché nella mitologia, per mettere a dimora e riproporre ai buongustai lo Zafferano Vesuviano.
Come ci ha raccontato lei stessa, nel corso di un Laboratorio del Gusto che si è tenuto nell’ambito del Mercato della Terra “Paniere Vesuviano”, promosso dalla Condotta Slow-Food Vesuvio, che si è svolto domenica 19 gennaio u.s. in Via Gino Alfano a Torre Annunziata (e che si effettua in tutte le terze domeniche di ogni mese), ha avviato il suo progetto di reimpianto dello zafferano seguendo i corsi del Prof. Franco Melas, uno dei massimi esperti italiani dello zafferano, che studia e coltiva egli stesso nella sua isola: la Sardegna, la regione italiana dove si produce più zafferano.
Oggi, Clementina, nella sua azienda agricola di Ottaviano, che è denominata con il suo nome di battesimo, la Masseria Clementina, produce uno zafferano che si avvale della certificazione europea di eccellenza, è testato e classificato come “zafferano di I^ categoria di qualità” dall’Università di Agraria di Milano ed è coltivato con metodi assolutamente “biodinamici”, che non prevedono l’uso di diserbanti e fertilizzanti chimici e di apparecchiature meccaniche per la raccolta (che viene effettuata rigorosamente a mano, alle cinque del mattino, in autunno).
Otre ad essere una spezia aromatica che esalta il gusto dei piatti gourmet, lo zafferano è anche un potente fitofarmaco, riconosciuto tale già dai tempi della Scuola Medica Salernitana.
Se è assunto nelle giuste dosi, è un eccellente antiossidante, fa bene al fegato, facilita la digestione, combatte l’ansia e lo stress ed è un ottimo antidepressivo, tant’è vero che i suoi estimatori si spingono a dichiarare che è meglio del Prozac e lo classificano tra i cibi che danno la felicità.
Le regioni italiane dove la coltivazione dello zafferano è più radicata, sono la Sardegna, l’Abruzzo, la Toscana, l’Umbria e le Marche. Anche in Campania c’è una riemersione della produzione di questa spezia, specialmente nel Cilento, in Irpinia e nel Vallo di Diano.
Grazie al lavoro pionieristico di Clementina Iervolino e di altri (pochissimi) agricoltori, e grazie al sostegno dell’Associazione Slow Food e della sua Condotta del Vesuvio, è in corso l’inserimento dello Zafferano Vesuviano nel “Paniere Vesuviano” che ne certifica la qualità e i metodi di coltivazione che rispettano scrupolosamente le regole dell’agricoltura bio-sostenibile.
Pasquale Nusco