Brusciano è la capitale delle Papaccelle ricce napoletane

Quando nel XVI° secolo i primi esploratori delle Americhe importarono in Europa i semi dei peperoni, non immaginavano che una parte di questi, ovvero quelli di una delle varietà più pregiate di queste solanacee, finisse dalle parti di Brusciano, in provincia di Napoli, in agro nolano e vesuviano.

A Brusciano, infatti, arrivarono i semi delle Papaccelle, cioè di quei peperoni tondi, piccoli, schiacciati, costoluti, polputi, dolci, dai colori e dai profumi intensi e variegati, e rivestiti da una buccia sottile che li rende, a differenza delle varietà più diffuse, molto digeribili, anche crudi, e assai adatti alla conservazione.

Fu così che Brusciano divenne il territorio eletto delle Papaccelle, tant’è che si suppone che il nome derivi dal cognome Papaccio, il quale è molto diffuso in quel comune e che sicuramente apparteneva, nei secoli scorsi, a tante famiglie di contadini che le coltivavano.

Le Papaccelle venivano coltivate nelle “parule”, che sono gli orti napoletani, trovandovi terreno fertile, vulcanico, grazie alla vicinanza del Vesuvio, e ricco di acqua che è indispensabile per la coltivazione dei peperoni.
La semina avveniva a febbraio e la raccolta da luglio a novembre.
I contadini bruscianesi, oltre a venderle e a consumarle fresche, conservavano questo loro tipico prodotto in recipienti a forma di botte chiamati “rancelloni”, avendo cura di ricoprire le bacche, tassativamente sistemate per intero, con l’aceto rosso del vino “piccirillo, che era un vino tipico della zona prodotto con uve coltivate su viti ad alberata, ed era un vino leggero e con molta acidità, per cui o si consumava subito dopo la vendemmia o si acetificava per conservare le papaccelle. Gli addetti alla conservazione e alla custodia delle Papaccelle messe a riposare sotto aceto, erano denominati “ciutanari”.

Tuttavia, a causa delle fughe dalle campagne e dell’abbandono dell’agricoltura da parte dei giovani, le Papaccelle ricce napoletane, tipiche di Brusciano e delle zone limitrofe, rischiarono di scomparire e di essere sostituite da varietà lisce (cioè, senza la caratteristica costolatura che distingue le ricce napoletane da tutte le altre), coltivate in altri regioni e in altri paesi.

Proprio per questo, per recuperare, rilanciare e promuovere questo prezioso prodotto dell’agricoltura tradizionale napoletana, e bruscianese in particolare, nella serata del 23 dicembre, in una data caratteristica per il consumo delle Papaccelle, perché esse sono una componente fondamentale della natalizia e napoletanissima Insalata di Rinforzo, si è svolto, presso Villa Ruggiero di Brusciano, un incontro pubblico tra l’Amministrazione Comunale bruscianese, le Condotte Slow-Food del Vesuvio e dell’Agro Acerrano-Nolano e i Produttori di Papaccelle di Brusciano.

Tra Slow-Food, Produttori e Comune di Brusciano è stato sottoscritto un protocollo di intesa con il quale l’Amministrazione locale si impegna a far conoscere e a valorizzare le Papaccelle, con la promozione di politiche che facciano rispettare i principi “slow-food” di sostegno a un’agricoltura a basso impatto ambientale che tenga conto delle biodiversità territoriali, nelle quali le papaccelle rientrano a pieno titolo.
Questa linea di condotta servirà non solo a rilanciare il prodotto, ma anche a riconciliare i giovani con l’agricoltura, offrendo loro le opportunità di un lavoro motivante e qualificato, che abbia come obiettivo la tutela e la rivalutazione delle varietà agricole locali, ma anche il recupero e l’utilizzo dei tanti terreni incolti e abbandonati a se stessi.

C’è da aggiungere che le Papaccelle ricce napoletane sono già Presidio Slow-Food con un disciplinare di coltivazione e di produzione alquanto severo. Inoltre, si avvalgono del riconoscimento di Prodotto Agroalimentare Tradizionale, attribuitogli dalla Regione Campania.

Come già scritto sopra, le Papaccelle sotto aceto sono un ingrediente indispensabile della tradizionalissima Insalata di Rinforzo, che si mangia soprattutto a Natale. Ma sono ideali, grazie alla loro forma, per essere riempite con la farcitura tipica del “puparuolo ‘mbuttunato”, oppure possono essere imbottite con riso, tonno, alici salate e quant’ altro e passate al forno. Con esse si possono fare delle belle padellate fritte, le quali, a differenza di quelle realizzate con il peperone comune, risultano essere molto più digeribili. Inoltre, quelle sotto aceto, si possono friggere con le costolette di maiale o con le cervellatine (salsicce fresche di maiale, tipiche napoletane, più sottili delle normali).

 

Pasquale Nusco