1° Dicembre Giornata mondiale contro l’Aids
Un test sbagliato a vent’anni gli ha rovinato la vita, oggi Massimo Brizio è impegnato nella battaglia per la prevenzione.
Un test sbagliato, un errore che poteva essere fatale, sarà il tema di un film, prodotto dalla Scacco Matto Produzioni della GU Management, azienda molto attenta al sociale, e sponsorizzato da una famosa Azienda di profilattici per portare all’attenzione la scarsa informazione che c’è sul tema dell’HIV, a seguito anche dei dati diffusi dall’Istituto Superiore di Sanità che mostrano un calo del 20% dei nuovi casi ma aumentano i contagi tra i più giovani e le diagnosi tardive.
Ecco perché bisogna tornare a ‘far rumore’ su questa patologia. A preoccupare gli esperti è soprattutto la maggiore incidenza di nuove diagnosi di HIV registrata tra i giovani adulti, di età compresa tra i 25 e i 29 anni. – “Tra le nuove generazioni – dichiara il Viceministro della Salute Pierpaolo Sileri – c’è una scarsa consapevolezza e conoscenza del virus, di come si trasmetta e di cosa fare per difendersi dal rischio di infezione. Molti confondono la prevenzione delle gravidanze indesiderate, mediante l’uso della pillola contraccettiva, con la prevenzione Hiv. Molti altri invece si vergognano a comprare i profilattici. Sarebbe importante introdurre l’educazione sessuale nelle scuole e iniziative per la distribuzione gratuita di preservativi agli studenti delle università e delle scuole secondarie di secondo grado”.
MILANO – Incredulità. Angoscia. Terrore. Tutto in una manciata di secondi. E poi la voglia di scappare, di nascondersi, di farla finita. Non poteva crederci che era toccato a lui. Proprio a lui che non aveva mai fatto uso di alcol, di droga. Che non si era mai «bucato». Eppure sono bastate poche parole del medico per sentirsi morire: «Lei è sieropositivo». E per un anno Massimo Brizio, 40 anni, barman di Cesano Maderno, non è esistito. Ha perso gli amici. Ha litigato con tutto e tutti. Ha distrutto il rapporto familiare. È dimagrito 15 chili. Fino a quando un amico lo ha trascinato in un laboratorio di analisi per fargli rifare gli esami. E lui è tornato a vivere. Non era malato, avevano sbagliato. «Non ci volevo credere e ho rifatto il test tre volte».
Era talmente euforico che in meno di una settimana ha deciso di dare un calcio al passato: ha riempito la valigia alla rinfusa e se ne è andato: 11 mesi a Londra, sei anni in California, 8 mesi a New York. «Lavoravo per mantenermi, ma regalavo anche qualche soldo e tanti sorrisi a quanti avevano contratto il virus dell’Aids. Adesso, a distanza di 20 anni, faccio dell’ironia sulla storia della mia vita. È l’ultimo mio tabù: discutere della propria sopravvivenza ad una malattia terribile che poi non hai. A quei tempi, però, non potevi dirlo a nessuno. Eri come un appestato al quale bisognava stare alla larga. Non ti stringevano neppure la mano. Un anno di inferno che non auguro al peggiore nemico. Poi la paura è svanita e ho vissuto gli anni più vitali di tutta la mia esistenza».
Quando gli dissero che aveva contratto il virus, Massimo aveva da poco terminato il servizio militare. Un ragazzone pieno di energia e di amici. Con tante donne che gli correvano dietro. «Allora si faceva a gara a chi ne conquistava di più. Avevamo gli ormoni a mille e valeva per tutti il motto che ogni lasciata è persa. Non c’era l’educazione al preservativo: le donne si sentivano prostitute e noi ragazzi ci sentivamo poco maschietti. Ma, a distanza di tempo, dopo aver creduto di morire, dico che certe esperienze sessuali le devi fare, ma protette. Non si può buttare via la vita per un’ora d’amore, anzi di sesso». Là, a San Francisco, Massimo Brizio andava nei luoghi di aggregazione di persone malate di Aids. Tanti giovani come lui. Con addosso mille angosce e la necessità di non essere emarginati. «Erano tanti. Non ci si può immaginare quanta gente era malata. Con le loro storie incredibili di sofferenza, di solitudine, ma anche di speranza».
Dal quel lontano ’92 sono passati quasi vent’anni, ma ogni volta che si parla di Aids, che si celebra la giornata mondiale, che la stampa rilascia dati sulla malattia, «io rivivo quel dramma». «Ci sono notti – continua Massimo – in cui gli occhi non vogliono chiudersi neanche se li incolli. E nella testa rimugini solo momenti terribili. Di quelli che pensi si possano vedere solo in un film dell’orrore. Sudi freddo e non hai la forza di muovere un solo dito. È come se fossi sul baratro e la paura di finire di sotto ti paralizza. Vivi l’incubo ma non lo puoi combattere. Io, di quelle notti, nonostante siano passati tanti anni e non sono ammalato, ne passo ancora tante». Massimo Brizio ha a cuore la questione Aids. È convinto che si possa fare di più per debellarla e che la ricerca non sia sufficientemente appoggiata. «Ah, se avessi i soldi, mi butterei a capofitto per reclutare medici che ci diano dentro nel cercare di sconfiggere la peste del secolo». Intanto ha fondato un gruppo su Facebook dal titolo emblematico: «A.I.D.S. un errore che non ci si può permettere».