Giovanni Rusciano e le sue tammorre da Lux in Fabula

Pozzuoli, sabato 16 novembre.

Serata a ritmo di tammorre e castagnette sabato sera da Lux In fabula. Per QUATTRO CHIACCHIERE CON L’AUTORE il maestro di musica popolare Giovanni Rusciano ha intrattenuto i presenti con un excursus storico sulla musica popolare napoletana: partendo dall’antica Grecia fino ai giorni nostri; intervallando la narrazione con canti a ritmo di tammorra e castegnette, coinvolgendo il pubblico in sala.

Componente di una paranza giuglianese – in gergo musicale con paranza si intende un gruppo musicale folkloristico disposto a cerchio con al centro il leader – Rusciano ha iniziato il suo viaggio storico/musicale dalle baccanti di Euripide, proseguendo per l’antica Roma, giungendo al medioevo; soffermandosi alla metà del 1500 con LO CUNTO DE LI CUNTI di Giambattista Basile suo illustre conterraneo di cui ha narrato la novella LA PENNA DELL’UCCELLO GRIFONE, anche nota come L’OSSO CHE CANTA, per dimostrare come la canzone napoletana si sia evoluta nel tempo senza però perdere quella struttura ritmata di matrice contadina che la rende unica nel suo genere. Così come molti strumenti tuttora adottati dai gruppi folcloristici si rifanno al passato. In primis proprio la tammorra, un setaccio per il grano ricoperto da uno strato di pelle tesa che riporta al mito di Cerere la dea delle messi e della fertilità.

Il filo della storia è continuato a dipanarsi dall’epoca borbonica fino ai giorni nostri, arrivando alle canzoni classiche napoletane come TAMMURRIATA NERA, FUNICULÌ FUNICULÀ, ‘O SOLE MIO e ‘O SURDATO ‘NAMMURATO che, come Rusciano ha dimostrato cantandone alcuni brani a ritmo di tammorra, hanno un’anima antica.

Tra i tanti aneddoti narrati dal maestro ne citiamo due: il primo riguarda Gian Battista Basile la cui opera LO CUNTO DE LI CUNTI la si deve all’arguzia della sorella Adriana, famosa cantante dell’epoca, che raccolse le tante storie sparse del fratello, dando vita all’opera come la conosciamo oggi; il secondo è legato alla tarantella napoletana la quale ufficialmente si rifarebbe alla danza sfrenata inscenata dalle donne morse dalla tarantola per agitare il sangue in modo da annullare l’effetto del veleno del ragno. In realtà si tratterebbe di un sottile escamotage ideato dalla contadine per poter dare libero sfogo alla propria voglia di vita… Quando si dice che la donna ne sa una più del diavolo!

Prossimo appuntamento sabato 30 novembre con Nestore Antonio Sabatano e il suo libro I CELLAI DI MONTE DI PROCIDA.

 

Vincenzo Giarritiello