Dal 17 al 24 Ottobre – Ciro d’Alessio e Hamleen esposti a Palazzo Venezia (Napoli)
Pittura Arma Impropria – Il colore, urto della verità d’esistenza a cura di Carmela Di Maro.
17/24 Ottobre, Palazzo Venezia, via Benedetto Croce 19, Napoli
Vernissage, Giovedì 17 Ottobre dalle ore 17:00
La libertà d’espressione s’annida nelle crepe della contraddizione, della scomposizione, dell’amaro squarcio che riporta l’intelligibilità dell’uomo a contatto con la complessa essenzialità del reale e s’incarna, nella rappresentazione figurativa, con l’eremitaggio del preconcetto, il momento della sensazione privo di definizioni formali, attraverso la semiotica del colore: la potenza aformale di qualsiasi potenziale forma, la più ampia espressione ed impressione rappresentativa dell’irriducibile irruenza della vita, ancestrale animus linguistico del dialogo tra l’uomo e la natura, in sostanza, lo strumento metamorfico del sensibile occhio indagatore, investito di un tale energico impulso da non consentirgli momenti di parzialità od imparzialità, di commiserazione o di titanismo.
Questa è la <<volontà di coscienza>> pittorica che il mirabile Palazzo Venezia di Napoli, il 17 Ottobre, presenterà con la veemente e lirica esposizione “Pittura Arma Impropria” di Ciro D’Alessio e Hamleen, il cui corpus di opere traduce la percezione della realtà in teoretica della <<materia vivente>>. Nuovi Proteo, i due artisti partenopei postulano la negazione del formalismo concettuale, paradigma della descrizione lineare, scarnificando le forme del <<concetto>> mediante la primigenia potenzialità di sostanza proteiforme e ricettiva del colore- arma impropria-, ricettore della problematicità del <<sentire>> ciò che l’occhio tende a <<conformare>>, ricognizione espressiva dell’esperienza, dunque, sismografia del contatto con la radice del possibilismo umano in grado di rinnovare, durante la fruizione, la consapevolezza di un’essenza di realtà e, di conseguenza, di un’artisticità mai <<finita>>, in una totalizzante e sincronica movenza d’urto: l’urto dell’ostinata scomposizione tonale con il quale si svincola un <<momento>> di ricezione, di sinestesia, di verità d’esistenza.
L’arma <<impropria>> impugnata dai due artisti, seppur con differenti inflessioni del medium figurativo, consiste proprio nell’emersione in superficie della fremente autenticità del vissuto – semantica dell’involontarietà, ossatura dell’inevitabilità – che tra tutte le possibili armi gravitanti sul mondo è, fuor d’ogni dubbio, oltre che la più potente, la più lungimirante. Quale, lo scopo? Carpire la totalità che muove in sé e da sé il segno cromatico, rifuggendo dall’astratto porsi del sé nella forma di tutte le cose ed assurgere, così, attivamente, immediatamente e <<violentemente>> al duttile movimento degli “umori” che animano spontaneamente l’esistenza nella sua perpetua continuità. Pause risonanti, esplosioni dinamiche, <<corsi e ricorsi>>, come c’insegna la storia, come c’insegna la vita.
Carmela di Maro