Incontri – un racconto di Clara Cecchi

S’incontrarono nella piazzetta oltre il lungofiume, un angolo riservato, lontano da sguardi indiscreti, mentre il sole già stava tramontando quasi ad assicurare loro una maggiore privacy.

Lei visibilmente emozionata, elegante ma non troppo, gonna nera al ginocchio e camicia bianca leggera, capelli biondi di media lunghezza e un lampo di ansiosa determinazione negli occhi chiari…lui più sicuro di sé all’apparenza, ma in realtà altrettanto emozionato…alto, occhi verdi e capelli scuri tendenti al brizzolato, pantaloni e giacca sportivi, d’aspetto curato.

La donna aveva una rosa rossa appuntata alla camicetta, una piccola rosellina appena visibile, niente affatto appariscente, dall’aria discreta come lei, la stessa che anche l’uomo aveva al bavero della giacca: era un vezzo, perché a dire il vero non ne avrebbero avuto bisogno, si guardarono e all’istante si riconobbero, come se si frequentassero da sempre.

Si tesero la mano, avrebbero voluto abbracciarsi, ma mesi e mesi di lettere intime e confidenziali non erano sufficienti a cancellare quel velo d’imbarazzo tipico dei primi incontri: entrarono insieme nella piccola caffetteria, insieme cercarono con lo sguardo un tavolino d’angolo, discreto, e con tacito assenso insieme si sedettero. I loro occhi si parlavano, lunghi muti discorsi che milioni di parole non avrebbero saputo rendere meglio.

Sarebbe apparso evidente a chiunque che quei due si desideravano, di un desiderio assoluto, immotivato e inspiegabile che travalicava il sesso e l’attrazione fisica…qualcosa di speciale, un’affinità interiore tutta particolare li legava oltre l’immaginabile e faceva sì che, anche a distanza, i pensieri dell’una fossero i pensieri dell’altro.

Si studiavano con curiosità quasi affannosa, determinati entrambi a colmare anche la più piccola lacuna che in quei lunghi mesi di corrispondenza epistolare potesse essere rimasta fra loro: lui le sfiorava il braccio mentre parlava sottovoce, proteso in avanti verso la compagna per non perdere neanche un suo respiro, lei ascoltava concentrata senza sottrarsi, anzi, il contatto con la pelle di lui accentuava a dismisura la percezione di quel momento e la sua assoluta perfezione. Erano persi in loro stessi, dimentichi di qualsiasi presenza umana, tranne la loro.

“ Com’è possibile?“ si stupì ad un tratto lei, ancora incredula “dimmi, com’è possibile questa sintonia?”

“Non lo so!“ammise lui scuotendo la testa, quasi imbarazzato “… nemmeno io riesco a spiegarmelo…è stato così fin dal primo momento:leggevo le tue parole e ne restavo affascinato…”

“Affascinata è la parola giusta…una sorta di fascinazione, una magia che difficilmente avviene: siamo stati fortunati!” gli occhi chiari di lei diventavano ogni istante più grandi e luminosi..la pelle splendeva…

Il cameriere che portava le ordinazioni si frappose fra loro interrompendone momentaneamente il dialogo, ma non il contatto che era scattato fra le loro menti: lo guardarono con malcelato fastidio finché non furono di nuovo da soli.

“Sai”disse lui“ in tante lettere che mi hai mandato non hai spedito nemmeno una foto…eppure dalle tue descrizioni era proprio così che t’immaginavo, non avrei mai potuto sbagliarmi: la tua forma corrisponde al tuo contenuto, la tua apparenza al tuo essere, una simbiosi perfetta…”

Era un poeta e le parole erano il suo pane quotidiano, se avesse voluto avrebbe potuto giocarci a suo piacimento e con loro costruire un fragile castello di sabbia in balia delle onde del mare, ma lei sentiva di potersi fidare e che non la stava ingannando, la sua pelle non poteva sbagliare.

“ Ti avrei riconosciuto fra mille anch’io, senza averti mai visto! “ era sincera, e, forse, anche un po’ innamorata…

Si guardarono negli occhi sorridendo, sapevano entrambi che quella serata non sarebbe finita lì.

“ Ecco il tuo tè, verde, forte e senza zucchero…come piace a te!” esclamò lui servendola con galanteria

“…no, veramente non mi piace il tè…” un po’ stupita lei lo guardò: tutta presa dall’osservarlo non si era nemmeno accorta che l’uomo aveva ordinato anche per lei …”non ricordi?…te ne ho parlato tante volte, mi fa stare male…”

“Non è possibile! Ricordo benissimo che il mese scorso ci siamo scambiati anche i nomi di alcune marche rare: io adoro il tè!”…il tono della voce di lui e i suoi occhi erano perplessi

“ Ma no!..ricordi..ti avevo consigliato di provare una nuova miscela di caffè per la macchina da espresso !…”gli occhi chiari di lei si erano leggermente incupiti.

“Odio il caffè, mi fa stare male!”la risposta arrivò lapidaria e secca come lo scatto di una porta chiusa.

“Non me l’hai mai detto!”esclamò lei, seccata.

“Nemmeno tu!”rispose lui a tono.

“….non capisco…”si meravigliò lei.

“…qualcosa non torna…” sospettò lui.

Istintivamente lei ritirò il braccio, lui allontanò la mano ritraendosi indietro sulla sedia:con simultaneo imbarazzo distolsero lo sguardo l’uno dall’altra…quella strana magia d’improvviso sembrava scomparsa per qualche misteriosa ragione: che cosa poteva essere accaduto?

“…senti “propose l’uomo esitante” non ci lasceremo rovinare la serata da questa sciocchezza, vero Maria?…” e sorrise, cercando di alleggerire la tensione.

Lo sguardo allibito di lei lo gelò immediatamente:

“Ma-ria???…”sillabò la donna con voce rauca, l’aria sconvolta “ …ma il mio nome è Angela…!” deglutì affannosamente, la gola chiusa. “Oddio…non dirmi che tu…tu non sei Paolo???…”non voleva crederci, ma purtroppo già aveva intuito l’orribile verità che stava prendendo forma…

“…no, io sono…Marco…”ammise lui imbarazzato, senza osare guardarla in viso “…piacere…”aggiunse automaticamente, perché, oltre ad essere un poeta, era anche una persona educata…

Non c’era nient’altro da aggiungere.

Con tacito assenso entrambi scansarono le sedie e si alzarono, sempre senza guardarsi si avvicinarono all’uscita…l’uomo, oltre che un poeta e una persona educata era anche un gentiluomo e pagò le consumazioni non consumate senza battere ciglio.

All’unisono si ritrovarono fuori dalla piccola caffetteria, in quella stessa piazzetta oltre il lungo fiume, in quell’angolo riservato e tranquillo, dove tanta gente sconosciuta era solita darsi appuntamento lontano da sguardi indiscreti in cerca di privacy…all’unisono si salutarono a bassa voce senza alzare gli occhi e si allontanarono l’uno in una direzione e l’una nell’altra.

Prima d’incamminarsi, però, nella fretta di allontanarsi quasi andarono a sbattere in una coppia che, solitaria e imbarazzata, a sua volta si stava avviando nella piazzetta: di sfuggita, ma solo per un fuggevole istante, parve loro di notare qualcosa di rosso, simile a un piccolo fiore, una rosellina forse, che faceva bella mostra di sé appuntata con cura ai risvolti delle loro giacche…

 

Clara Cecchi