La Stilografica D’Oro, un racconto di Clara Cecchi

LA STILOGRAFICA D’ORO

Adriano aveva quattordici anni e un’inguaribile passione per la scrittura. Amava fin da bambino la letteratura, in particolar modo la poesia e la narrativa: prediligeva i romanzi avventurosi, vagamente surreali, che lo trasportavano in atmosfere fantastiche e lo facevano sognare.

E adorava le penne, soprattutto le stilografiche dal pennino lungo, sottile e lucente, con cui riempiva pagine e pagine di certi quaderni neri, con i margini tracciati d’azzurro, che sua madre a fine mese puntualmente gli portava, appena riscosso l’esiguo stipendio di cameriera.

Maria era una madre giovane, sorridente e fiera di quel figlio per cui avrebbe rubato la luna, ma soprattutto era una madre sola. In un giorno d’estate di quindici anni prima lo aveva concepito con passione senza porsi domande, e con altrettanta passione l’aveva messo al mondo e preparato alla vita. Stravedeva per lui e aveva incoraggiato da sempre il suo amore per i libri, convinta che fosse l’unico modo possibile per ampliare la mente e viaggiare senza limiti di spazio e di tempo: da lì alla scrittura il passo era stato breve. E così erano venuti fuori quei famosi quaderni neri su cui il ragazzo annotava i suoi pensieri e anche la piccola collezione di stilografiche che amava più di ogni altra cosa al mondo.

Eppure Adriano avrebbe dato tutto ciò che possedeva per poter avere quella splendida stilografica d’oro che trionfava luccicante nella vetrina del cartolaio del suo quartiere, ma dal prezzo spropositato per le sue misere finanze! Gli pareva addirittura di vederla e di vedersi nell’atto di inaugurare uno dei quaderni neri, ricopiare con cura meticolosa il suo nome e cognome nella prima pagina e poi lasciarla correre veloce insieme alla fantasia in un riflesso di bagliori dorati…Purtroppo, però, a questo punto c’era sempre qualcosa che lo riportava alla realtà e lo costringeva, a malincuore, a distogliere gli occhi da quella vetrina delle meraviglie.

Un pomeriggio, mentre a testa bassa e umore nostalgico stava allontanandosi per l’ennesima volta dall’oggetto del suo desiderio, la porta del negozio si aprì e una voce lo chiamò all’interno.

“Ragazzo!…sì,tu…”e il cartolaio, un vecchietto piccolo e magro vestito di scuro gli fece cenno con la mano di avvicinarsi “sei Adriano, vero? Il figlio di Maria, la cameriera del ristorante all’angolo?”

Lui, sospettoso, fecdi sì con la testa…che vuole quest’uomo da me?…

“Vieni qui un momento. Io e mia moglie abbiamo visto che da tanto fai gli occhi dolci a quella stilografica d’oro… vero Teresa?” La moglie, una donnina minuta dai capelli candidi e l’aria allegra, annuì sorridendo.

“Già…ma è troppo costosa per me!” ammise lui con rimpianto “non posso proprio permettermela…”

“L’avevamo immaginato,vero Teresa? E’ una penna particolare, di grande valore e qualità: oltre ad essere d’oro è un pezzo unico e il suo tratto è riconoscibile fra tutte. Impossibile sbagliarsi!” Il cartolaio guardò la moglie con aria complice. Teresa annuì di nuovo, sempre sorridendo. “Per questo ti abbiamo chiamato…abbiamo un patto da proporti!”

“Un patto?…”Adriano si guardò intorno, sempre più sospettoso...quale patto?..

“Io e Teresa siamo due amanti della lettura e a sentire tua madre pare che tu sia bravo a scrivere, dotato di immaginazione e fantasia: noi ti regaleremo la stilografica che desideri tanto se con quella scriverai un romanzo e lo dedicherai a noi!…”

Adriano sbalordì: quei due vecchietti erano matti! Lui un romanzo?…aveva scritto sì tanti racconti, tutti raccolti in quei suoi quaderni neri, e poesie anche, ma un vero romanzo…!C’è una bella differenza fra un racconto e un romanzo! D’impegno, di tempo, di costanza: bisogna trovare un buon filo conduttore e tenerlo ben saldo facendo dipanare il gomitolo pian piano fino alla fine…ne sarei mai capace?

“Allora?Che decidi? Ti vedo incerto, quasi spaventato…non hai fiducia nelle tue capacità? Oppure quella penna d’oro non ti interessa poi così tanto da costringerti a metterti alla prova?…”Il cartolaio sembrava leggergli nel pensiero, e continuava a guardarlo con un sorriso lievemente ironico…

“Certo che m’interessa!” Adriano ebbe un moto d’orgoglio: gli avrebbe fatto vedere lui a quei due vecchietti che cosa era in grado di fare:avrebbe avuto la stilografica più bella del mondo e con quella avrebbe scritto il romanzo che da sempre sognava!

“Bene! Allora ecco qui il contratto…” sorrise il cartolaio

“Che contratto..?” il ragazzo s’insospettì di nuovo…lo sapeva che c’era sotto qualcosa!

“ Non ti allarmare, un normale contratto di affari. Tu t’impegni a scrivere un romanzo d’argomento a tua scelta, che dedicherai in pubblico a me e a mia moglie Teresa…in cambio la penna d’oro che dovrai usare sarà tua. Guarda però che c’è una scadenza da rispettare: un anno di tempo, al termine del quale, se non avrai consegnato il manoscritto secondole regole stabilite, non solo dovrai restituire la stilografica, ma sarai tenuto a lavorare gratuitamente per noi per l’intero anno successivo…Quindi pensaci bene prima di firmare!”

Adriano ci rifletté un momento, in preda ai dubbi, ma la possibilità di possedere quella penna meravigliosa che nessun altro al modo poteva avere lo fece decidere in fretta: avrebbe firmato il contratto e onorato il patto da lì ad un anno.

E così fece. Se ne tornò a casa con l’oggetto dei suoi desideri fra le mani, quasi stordito dalla gioia che provava, ma appena arrivato la nascose in camera sua al sicuro e non disse niente alla madre: era il primo segreto fra lui e Maria in quattordici anni di vita.

Ebbe inizio così il suo conflitto interiore.

Ogni mattina si alzava presto e prima di andare a scuola tirava fuori l’astuccio dal suo nascondiglio, lo apriva e ne estraeva la stilografica d’oro: ne ammirava la luminosità alla luce del sole, ne provava il caratteristico tratto sottile ed elegante, unico nel suo genere, su uno dei suoi quaderni neri, disegnava qualche fregio, qualche ghirigoro, ma tutto lì…niente ispirazione, niente idee! In breve la penna tornava al suo posto, al sicuro.

Andò avanti così un mese dopo l’altro, sempre più in preda all’ansia e meno desideroso di scrivere: sembrava che proprio lui, che da sempre con una penna in mano cavalcava agilmente le ali della fantasia, si fosse bloccato per una specie di malefico sortilegio.

Il cartolaio e la moglie,quando lo vedevano scantonare di fretta davanti al loro negozio, lo guardavano senza dire niente, con una certa aria di delusione negli occhi. Maria, invece, sembrava sempre non essere a conoscenza della storia.

Il tempo scorre veloce e allo scadere dell’anno, purtroppo, la situazione non si era affatto sbloccata. Ormai Adriano aveva solo una notte davanti a sé: la mattina dopo avrebbe dovuto dichiarare la sconfitta e restituire il suo tesoro.

Amareggiato, deluso e spaventato imprecò, pianse e pregò il cielo di aiutarlo ad uscire da quel ginepraio in cui si era messo, poi sfinito si addormentò. E sognò.

Sognò sua madre che gli veniva incontro lungo una strada stretta, diritta e senza fine in cui lui si era ritrovato senza sapere come e da cui non riusciva ad uscire. La guardava speranzoso in una sua parola, in un cenno di aiuto, ma lei continuava ad avanzare senza dire niente…quando arrivò quasi alla sua altezza, il ragazzo si accorse con stupore che aveva in mano un astuccio, quello della sua penna d’oro: allora Maria si fermò, sorrise e glielo porse con queste parole:

“L’ispirazione che cerchi sta nella tua vita di ogni giorno, non nelle lusinghe di questa penna d’oro: usala per raccontarti…” e il sogno d’un tratto finì.

Adriano si svegliò di soprassalto e si ritrovò a riflettere nella sua camera illuminata solo dalla luce della luna: era ancora notte, aveva dormito appena un’ora, ma il tempo era stato sufficiente a chiarirgli le idee. Si alzò dal letto e prese dall’astuccio la stilografica, al semibuio sembrava quasi una penna come un’altra, niente bagliori, niente riflessi lucenti…

Sorrise…vediamo se sai fare bene il tuo dovere…prese uno dei suoi quaderni neri ancora intatto, l’aprì e di getto cominciò a raccontare:

Adriano aveva quattordici anni e un’inguaribile passione per la scrittura….

L’alba lo colse, esausto ma pago, all’ultima pagina.

Clara Cecchi