La Tiella di Gaeta da piatto unico dei contadini e dei pescatori a cibo di culto e di strada
Gli italiani di una volta, se si escludono quelli delle classi agiate, si alimentavano, a pranzo e a cena, con un piatto unico. Gli abitanti dell’Italia povera e rurale dei tempi andati, non si potevano permettere i secondi, i contorni, gli antipasti, i dessert: bisognava accontentarsi delle pietanze uniche.
Ma se la portata dei pasti italiani era unica, non per questo era singolare, uniforme e ripetitiva la preparazione. C’erano le paste asciutte, le minestre, le zuppe e, soprattutto, c’erano le pizze e le torte salate. Agli italiani, benché poveri, non mancava la fantasia e non mancava, in particolare, una vasta varietà di ingredienti per diversificare la loro alimentazione.
Le torte salate, come le pizze, si prestano benissimo al ruolo di “piatti unici”, perché si possono farcire con gli ingredienti più svariati, creando, così, delle composizioni alimentari particolarmente nutrienti, soddisfacenti e variegate.
Una delle torte salate più famosa d’Italia è la “Tiella di Gaeta”. Essa prende il nome dalla teglia nella quale viene adagiata e cotta, che nei vari dialetti meridionali è chiamata “tiella”. La ricetta prevede che un disco di pasta ( precedentemente preparata con un impasto di farina, acqua, lievito, olio e sale e poi, dopo la lievitazione, accuratamente tirata), sia disteso nella teglia, poi farcito a volontà con gli ingredienti della tradizione, poi ricoperto con un altro disco di pasta e, quindi, infornato.
“La tiella è sicuramente un piatto di origine contadina”, mi spiega Enrico Giordano, titolare dell’ “Antico Forno Giordano” , situato in Via Indipendenza, proprio nel cuore di Gaeta, storica cittadina del Basso Lazio e antico porto del Regno di Napoli. “Ho buoni motivi per pensare che essa nasca dall’intuizione di una donna contadina che lavorava nei campi, assieme al marito, la quale aveva la necessità di portare con sé, per il desinare suo e del compagno, un piatto unico, pratico e serbevole, ma allo stesso tempo gustoso, nutriente e saziante”, prosegue l’anziano panificatore. “Dalla tradizione contadina provengono le tielle con le scarole e con le olive di Gaeta, quelle con le cipolle e quelle con le zucchine, il cacio e le uova”, aggiunge, sottolineando che:”i pescatori, in seguito, rubarono l’idea ai contadini, perché le tielle si potevano conservare per i loro lunghi stazionamenti in mare e si potevano farcire anche con il pesce. Ecco perché alle tielle con le verdure, si aggiunsero quelle con i polpi, quelle con i calamaretti e quelle con le alici”.
Enrico Giordano proviene da una famiglia di “tiellari”. I suoi genitori furono i primi a commercializzare, nella loro antica panetteria, fondata nel 1890, le tielle che prima venivano fatte esclusivamente in casa. Fu di sua madre l’idea di avviare la produzione e la vendita delle tielle. “C’era l’usanza di impastare le tielle in casa e poi di portarle al forno del panettiere per cuocerle”, afferma Enrico, “ma mia madre, stanca di infornare le tielle degli altri, decise, nell’immediato dopoguerra, di preparare, infornare e vendere in proprio le tielle fatte con le sue mani. E l’idea ebbe successo”.
Ed ebbe talmente successo, l’idea della mamma di Enrico, che oggi le “Tielle di Gaeta” da cibo povero che erano, sono diventate una pietanza “cult” dello “street food” e della “movida” estiva gaetana.
Pasquale Nusco