Grande successo per la mostra “Analfabetismo Emotivo” a Palazzo Zapata
Napoli – Dopo il grande successo riscosso durante il vernissage, la mostra “Analfabetismo Emotivo – viaggio per immagini nel disagio del vivere nel nuovo millennio”, continua fino a sabato 9 febbraio (visitabile dal martedì al sabato dalle ore 10:00 alle ore 13:00 e dalle ore 14:00 alle 17:00), presso l’associazione “Circolo Artistico Politecnico” con sede in Palazzo Zapata, piazza Trieste e Trento (Napoli).
Il progetto è portato avanti dall’associazione “Oxeia, l’isola dell’arte” ed è nato da un’idea dei due fotografi professionisti Juna & Marco. Grazie a queste opere, il pubblico può ammirare e soffermarsi a riflettere su gli aspetti analfabeti dell’emozione da “la bambola”, a “l’androgina”, passando per il “conflitto sessuale”, “il bamboccione”, “la calotta” e altre tematiche espresse attraverso l’arte della fotografia. Lo scopo è parlare dei disagi giovanili, con quindici scatti intensi e crudi, per portare alla luce un aspetto deleterio del vivere d’oggi.
«Ho deciso di realizzare ed esporre queste opere come gesto di aiuto verso i giovani e le famiglie, affinché possano ritrovare le nozioni andate perse nel vivere questa società “trappola” in cui ci troviamo oggi», così l’artista Juna, spiega la sua decisione di realizzare i quindici scatti della mostra. «Oggi la comunicazione non è più quella di una volta. Si legge, si ascolta e si parla con gli altri sempre meno. Per questo ho deciso di esprimere quello che avevo dentro e di lasciarlo ammirare agli altri attraverso l’immagine, la fotografia in particolare, espressione artistica a me sempre molto cara. Spero che questi scatti possano proiettare sul pubblico le emozioni che ho voluto esprimere, come la speranza, e facciano in modo che le persone inizino a porsi delle domande al fine di ritrovare loro stessi e la loro dimensione.»
Madrina del vernissage è stata l’attrice Cristina Donadio, che ha ricevuto un riconoscimento “per la sensibilità dimostrata verso le tematiche sociali” e “per i suoi meriti in campo artistico, come esempio per le giovani generazioni”. La bellezza e la forza delle immagini esposte ha fortemente colpito sia lei che i numerosi ospiti accorsi. In molti, attraverso le opere, hanno riconosciuto il pericolo a cui stiamo andando incontro oggi e la sensibilità con cui Juna è riuscita a rappresentarlo.
«Esistono molti tipi di analfabetismo di cui i giovani possono cadere vittima. Quello ad esempio dovuto a una trascuratezza e ignoranza dei genitori oppure quello derivante da disagi ben più gravi come nel caso dei ragazzi immigrati. Infine, c’è quello emotivo di cui si parla meno ed è per questo che reputo la scelta di Juna, a cui ha dedicato un’intera mostra, molto bella e profonda.» Ha commentato l’attrice Cristina Donadio dopo aver visto gli scatti. «Vorrei dire ai giovani d’oggi di non dare niente per scontato e di mettersi sempre in discussione, perché solo avendo dubbi ci si può confrontare e mettersi in ascolto. C’è uno scritto di Pasolini che dice “bisognerebbe educare le nuove generazioni al valore della sconfitta”. Ecco questo è un messaggio che dovremmo tener caro e trasmettere ai giovani.»
“Analfabetismo Emotivo – viaggio per immagini nel disagio del vivere nel nuovo millennio” è una mostra itinerante, che ha riscosso già enorme successo nelle precedenti esposizioni sia a Napoli che in provincia, grazie all’appoggio di personaggi di spessore del mondo dello spettacolo come Maurizio Casagrande e Maria Bolignano.
Parte della vendita delle opere di “Analfabetismo Emotivo – viaggio per immagini nel disagio del vivere nel nuovo millennio”, sarà devoluto in beneficenza ad un’associazione per il recupero di giovani disagiati.
Note dell’artista
Analfabetismo Emotivo è uno sguardo crudo e disincantato su un aspetto particolarmente deleterio del vivere d’oggi: l’anestesia della sensibilità cui molti soggiacciono, passivi e rassegnati. L’atmosfera surreale di cui le immagini sono intrise è una necessità estetica, funzionale alla finalità di denuncia, che è fondamento alla genesi dell’opera. Nel lavoro di Juna, tuttavia, la provocazione non è un elemento fine a se stesso, un espediente teso al solo scopo di spaesare, colpire ed affascinare. L’arte provocatoria delle immagini è strumento attraverso cui esse possono, si spera, riuscire a scuotere la coscienza dello spettatore. La società in cui viviamo è troppo spesso assurda, astratta e devastante. L’Autrice, nella propria esposizione, si concentra sui giovani per la fragilità e la predisposizione ad essere plasmati, diventando inevitabilmente, più vulnerabili. In realtà il problema è alla radice. La devastazione inizia dal cuore della società: la famiglia. Quella di Juna non è certo la prima, né sarà l’ultima, voce a levare un doloroso atto d’accusa verso quest’angosciante deriva sociale, ma se le voci di denuncia si accorpano, magari nasce un coro deciso, capace di scuotere gli animi. In quanto fotografi ed operatori multimediali, Juna e Marco soggiacciono ad una naturale predisposizione all’osservazione analitica dei propri simili, a scrutare le loro emozioni, e catturarle in uno scatto.
Sarebbe stato fin troppo facile soffermarsi sui gesti quotidiani, catturare le scene di vita vera, nelle strade e nei luoghi di celebrazione quotidiana dei riti sociali. Lì, dove si verifica e si palesa lo stato di disagio del homo sapiens, in questo incipit del terzo millennio. Un’idea ancor più sotterranea sottende ai concepts alla base dei quindici scatti di questo racconto: che tutto il malessere presente nella nostra attuale società sia frutto dei disegni, delle attività di poteri oscuri che operano al di là della nostra portata. (Juna)
Biografia degli artisti:
Juna e Marco si occupano d’arte a 360 gradi, con un occhio particolare alle realtà presenti sul territorio campano. Specializzati in arti visuali e performative, sono sempre presenti per prestare supporto per qualsiasi forma artistica venga proposto sul territorio.
Juna inizia come fotografa paesaggista, ma il suo spirito curioso ed introspettivo la spinge presto verso la fotografia di strada, la cosiddetta “street photography”, alla ricerca estetica dell’universale nascosto nelle pieghe del quotidiano. Divenuta professionista nel campo della ritrattistica e della documentazione di eventi, si dedica sempre più frequentemente alla fotografia di scena prendendo parte in tale veste a varie produzioni teatrali, televisive e cinematografiche. Viene così in contatto con entrambi i mondi, il ché la spinge ad approfondire gli aspetti connessi con le arti performative partecipando ai corsi dell’Accademia Vesuviana del Teatro del Maestro Gianni Sallustro, prendendo parte alle lezioni di docenti del calibro dello stesso Gianni Sallustro, Ciro Pellegrino e Giuseppe Matrocinque. Partecipa quindi nel luglio del 2106, in ruolo di coprotagonista, alla messa in scena de “L’Amore è una Cosa Meravigliosa” tratto da “Le DinDon” di Feydau, con adattamento e regia di Gianni Sallustro, presso il teatro “Di Costanzo-Mattiello” di Pompei (NA). Resta però, fedele al grande amore artistico della sua vita: la fotografia. Il suo percorso l’ha avvicinata, in quest’ultimo periodo, all’esplorazione di tematiche sociali particolarmente legate alle difficoltà di comunicazione e comprensione tra gli esseri umani. Prende forma così, intorno alla metà del 2016, il suo ultimo progetto, significativamente denominato “Analfabetismo emotivo”, che sarà oggetto di una serie di mostre itineranti.
Marco si avvicina alla fotografia grazie al suo coinvolgimento, come cofondatore, nelle attività di una testata giornalistica locale. Tra i compiti assegnatigli, oltre a quello di scrivere ‘pezzi’ di cronaca, vi è quello di fotoreporter e compositore delle pagine (attività molto prossima all’artigianato, essendo ancora alle soglie dell’epoca in cui il computer sarebbe diventato personal). Finita l’avventura giornalistica, resta l’innamoramento per la fotografia, innamoramento che sarebbe divenuto col tempo vero e proprio amore. Con un percorso forse più diretto, stanti le proprie origini di fotogiornalista, anche Marco si dedica alla fotografia di strada. Fotografo professionista, pur mantenendo intatto la passione per la fotografia, comincia ad esplorare altri ambiti, in particolare, la cinematografia, cimentandosi da entrambi i lati della macchina da presa e nella scrittura. Con Juna prende parte alle lezioni di teatro e cinema di Gianni Sallustro, Ciro Pellegrino e Giuseppe Mastrocinque. Sempre con lei è coprotagonista de “L’Amore è una Cosa Meravigliosa” al Di Costanzo-Mattiello. E’ protagonista, per la regia di Nunzio Della Marca, del cortometraggio “Un Padre”. E’ coprotagonista nei cortometraggi “Ricordo di Mille Notti”, “La Casa delle Bambole” e “L’Ostacolo più Grande”, diretti rispettivamente dalle cineaste dell’Accademia delle Belle Arti di Napoli Mariacarmen Fiorenza Ranieri, Imma Crispo e Antonella Correale. Cofondatore, con Juna, dell’Associazione Culturale Oxeia, ha tra i propri progetti a breve termine corsi di fotografia e cinematografia con tecniche analogiche (perché quest’arte non abbia a perdersi), un documentario su manifestazioni social-musicali del meraviglioso e spesso misconosciuto territorio dell’entroterra casertano ed un cortometraggio di indagine sociale basato su una storia.