Intervista a Nando Vitali
Ferropoli (Castelvecchi Ed.) La storia di Angela Di Bagnoli e la musica del ferro La storia si svolge a Bagnoli (Ferropoli) inizi degli anni Settanta fino al 2001, narra la vicenda di due musicisti, amici dall’infanzia, Luciano e Rocco, e le loro compagne, Angela ed Elena. Racconta della gelosia di Luciano nei confronti del tenebroso Rocco, cantautore di talento….
Ferropoli è un romanzo autobiografico? Non è un romanzo autobiografico Nasce come una sorta di memoria inconscia. Una ricostruzione della mia memoria infedele, dagli esordi giovanili come chitarrista a tutto ciò che caratterizzò il periodo in cui l’Italsider era in funzione a Bagnoli, quartiere in cui sono nato e ho vissuto per anni, fino alla sua dismissione.
La prima passione la chitarra? Sì, la musica e la voglia di riprodurre attraverso la chitarra i brani amati. Un su e giù del braccetto dei giradischi per cercare di avvicinarsi all’originale riprodotto dal vinile.
Poi la grande passione, la scrittura? Iniziai a scrivere i primi racconti per divertimento. Erano gli anni ottanta e degli amici stavano fondando una piccola rivista letteraria, Il Filo di Arianna, dove pubblicai i primi racconti. Fu , poi la volta di Spazio Libero di Vittorio Lucariello, luogo di formazione per attori e scrittori. Quel periodo fu molto importante perché lì si formarono i sogni, prendendo una loro sostanza: un conto è sognare da solo, altro è invece sognare in gruppo. Sognare in compagnia significa edificare delle città immaginarie. In fondo tutti quanti noi, quando scriviamo, fondiamo delle città, le nostre samarcande. Tuttavia, anche le città periodicamente vanno distrutte per poi essere rifondate. Scrittori distruttori ne nascono uno ogni cent’anni, vedi Joice. Anche Houellebecq: Le Particelle Elementari .Una rivelazione sul tema dell’amore per me. L’amore non solo per una donna ma per tutti i circuiti nervosi e per tutte le parti chimiche che ci alimentano. In un certo senso dare dignità religiosa a tutta quella parte del nostro corpo che prima veniva considerata disdicevole. Corpo e mente sono complementari l’uno all’altra, non puoi mai scinderli. Non credo nel cogito ergo sum di matrice cartesiana. Ritengo invece che bisogna sottoporre il nostro corpo a una serie di torsioni, anche estreme; una sorta di prove iniziatiche che ti permettono di essere uomo. In tal senso l’abbattimento dei tabù in amore è indispensabile per mettersi alla prova.
Ti senti più costruttore o distruttore? Più costruttore: per poter distruggere devi conoscere molto bene quello che stai distruggendo. Per cui è un azzardo che non mi sono mai sentito di affrontare.
Alcuni libri potrebbero alimentare la distruzione della “città”? Come ti dicevo compito di uno scrittore è quello di scrivere storie belle. Se tu non osi, non puoi entrare in un laboratorio per confrontarti con ciò che stai cercando, il tuo libro potrebbe scoppiarti in mano. Del resto quando fu scoperta l’energia nucleare sapevamo che poteva causare disastri immani ma non potevamo rimanere nella grotta: l’uomo è fatto per sperimentare a proprio rischio e pericolo.
La cura della scrittura versus la scelta del tema da narrare? La qualità della scrittura è esattamente paragonabile alla qualità della voce: per poter avere una voce chiara devi esercitarla in modo tale da poter raggiungere un vasto cromatismo di possibilità sonore. Devi esercitarti per raggiungere un livello di chiarezza che sia capace di esprimere esattamente quello che volevi dire. Per poterlo fare devi utilizzare le parole giuste. Tornando per un attimo al rapporto con la musica, devi trovare le note adatte per poter fare in modo che la trama possa esprimere non soltanto un racconto bello, al punto da suscitare il piacere della lettura, ma possa fruttare “dopo”, permettendo al lettore di riflettere su quanto tu scrittore hai detto. La scrittura che non è di qualità inaridisce subito; è una pianta che non ha molte stagioni di vita. Viceversa la scrittura di qualità permette di entrare in uno spazio di classicità. I grandi scrittori hanno lavorato sulla qualità della scrittura affinché le proprie opere durassero nel tempo. Prendiamo a esempio gli elettrodomestici: oggi vengono costruite macchine che devono durare poco affinché se ne comprino diverse nel giro di pochi anni. Il consumismo ha infettato anche il mondo della scrittura, per cui tutto viene digerito velocemente. Mentre la scrittura dovrebbe avere una digestione lunga.
La tua scrittura, frutto di ricerca, ha un lettore individuato? Come dicevo prima, si legge per imparare qualche cosa; per costruire un sé che si possa ampliare, moltiplicare. I libri scritti soltanto per essere letti e digeriti come se fossero degli alimenti per la sopravvivenza giornaliera non danno la possibilità di formare una coscienza etica, politica, un’intonazione che consenta di potersi esprimere nella continuità. Sono tutti libri preconfezionati: oggi le case editrici corrono dietro al fenomeno momentaneo per sfruttarlo finché fa presa sul lettore. Per poi abbandonarlo, sostituendolo con altro che gli consenta di fare soldi. Ciò a scapito dei classici, sia del passato che del presente come La Capria, Silone, Flaiano, Prisco, Rea, la Ortese. La scrittura non si rivolge a tutti ma a un pubblico selezionato, a monte, dallo scrittore in base ca iò che decide di scrivere. La scrittura è una forma di comunicazione parziale, nel senso che non sai a chi ti rivolgi, chi leverà dal mare magnum della comunicazione il messaggio che hai lanciato nella “bottiglia”. C’è sempre un rapporto in contumacia tra lettore e scrittore: quando c’è lo scrittore non c’è il lettore e viceversa.
L’isola delle Voci è il tuo laboratorio di scrittura, il ruolo dei laboratori? Un laboratorio di scrittura (www.isoladellevoci.it) prima di tutto è un intrattenimento intelligente. I miei più che laboratori di scrittura, sono laboratori di lettura dove leggiamo brani dei grandi scrittori per carpirne i segreti. Certo, in un laboratorio di scrittura, di tanto in tanto, riesci a scoprire una vena luminosa, a tirare fuori qualche talento positivo. Fondamentalmente in un laboratorio di scrittura è sperimentarsi al fine di trovare la propria “voce interiore”.
Hai fondato e dirigi la rivista letteraria internazionale di narrativa e illustrazione «Achab». E’ un viaggio? La passione per la scrittura un’ossessione conoscitiva. La conoscenza la puoi catturare solo attraverso l’azzardo, attraverso il viaggio che quasi sempre non è soltanto un viaggio di superficie ma un viaggio verticale: per poter capire che cosa sei e cosa è il mondo, devi scendere nelle “viscere” e devi osservare il buio senza paura che il buio ti possa accecare. Per questo in Moby Dick, alla fine, il capitano verrà trascinato negli abissi insieme alla balena. Vedi, tutti quanti noi siamo destinati al naufragio. Il punto è come naufragare? Tanto puoi farlo conducendo una vita mediocre dove ti accontenti di quel poco che hai. E poi c’è invece chi non accetta questa visione di un mondo ravvicinato e invece osa, cercando di capire chi è l’ultimo conducente che guida il treno sul quale ci ritroviamo. Ogni scrittore che si rispetti ha dei demoni e delle ossessioni che deve inseguire perché solo andando a caccia di quelle “balene” trovi te stesso.
Stai lavorando a un nuovo romanzo? A febbraio uscirà la raccolta di quelli che considero i miei racconti migliori. Sarà edita da Ad Est Dell’Equatore e si intitolerà Polvere Per Scarafaggi. Unitamente sto lavorando a un romanzo, forse per 2019, sulla falsa riga di Ferropoli.
Hai realizzato il romanzo della vita? Credo che uno scrittore, un artista, non è mai soddisfatto della propria opera perché sa che può essere sempre migliorata. L’esempio è Moliere che morì sul palcoscenico recitando.
Morire con la penna in mano, quindi? Oddio, è macabro. Però, ha anche un che di romantico!
Vincenzo Giarritiello